HENRI CARTIER-BRESSON

“Osservare lì dove gli altri sanno solo vedere”

“ La mia Leica è letteralmente il prolungamento del mio occhio “


“ Il modo in cui la tengo in mano, stretta sulla fronte, il suo segno quando sposto lo sguardo da una parte all’altra, mi da l’impressione di essere un arbitro in una partita che mi si svolge davanti agli occhi, di cui coglierò l’atmosfera al centesimo di secondo “


Henri Cartier-Bresson



Henri Cartier-Bresson è l’abile demiurgo che dirige con indiscussa maestria il meccanismo che fa del fotografato il fotografabile, regola l’osmosi esistente tra il gesto puramente meccanico di premere il pulsante della macchinetta fotografica, e l’impressione dell’oggetto-soggetto sulla pellicola. La realtà per Cartier-Bresson : “è un diluvio caotico di elementi, in questa realtà, il riconoscimento simultaneo in una frazione di secondo dell’importanza dell’evento così come l’organizzazione precisa delle forme, da a quell’evento la relativa espressione adeguata…”. Nella partita tra il fotografo, ed il tempo fugace e quanto mai effimero se visto dall’obiettivo della fotocamera, per Bresson:
“Siamo spesso troppo passivi davanti a un mondo che si muove e il nostro unico momento di creazione è il 1/25° di secondo in cui pigiamo il pulsante, l’attimo di oscillazione in cui cala la mannaia. Siamo paragonabili ai tiratori che “sparano” una fucilata”.
Cartier Bresson ha girato il mondo impugnando la sua Leica M3 utilizzando quasi esclusivamente la lunghezza focale 50mm, solo in pochi casi ha sostituito tale obiettivo con altre lunghezze focali, tornando però sempre poi all’obiettivo “normale”.
La scelta del fotografo della macchina fotografica, più leggera e meno ingombrante delle reflex o delle macchine a medio formato, ci permette di comprendere il suo modo di rapportarsi, concepire, la fotografia fin dagli inizi: la sua volontà di riportare un punto di vista immediato e quanto più simile alla prospettiva che il nostro occhio ci dona e che la nostra mente è in grado di cogliere con maggiore facilità. Si potrebbe affermare che Bresson scelga quel tipo di obiettivo per donare all’osservatore la possibilità di presenziare alla scena senza averla vissuta fisicamente. : “una foto si vede nella sua totalità, in una volta sola,….la (sua) composizione è una coalizione simultanea, la coordinazione organica di elementi visuali. Non si compone in maniera gratuita, ve ne deve essere una necessità e non si può separare la sostanza dalla forma”

La presenza di Bresson è indelebile, visibile nelle sue foto, palpabile nella creatività dei suoi scatti, così lo ricorda Raymond Depardon:
“È unico. Ha voluto che la sua fotografia fosse diffusa e non rarefatta, che fosse visibile tanto sui giornali quanto nei musei. È fondamentale. E ha inventato un modo di lavorare e di funzionare. Ha imposto lo sguardo e lo statuto del fotografo. Henri ci ha insegnato a essere liberi. Ed è per questo che è riuscito a dare energia alle immagini. Ha privilegiato la strada come spazio nel quale si rivela una società. E ha anche imposto l’obiettivo unico, il 50 mm.
L’avvenire mostrerà che Henri era più politico di quanto non si pensi. Henri Cartier-Bresson ha saputo mantenere una distanza, pur prendendo la sua posizione di fotografo. È questa l’eredità che ci lascia.”

Raymond Depardon, Le Monde, 29 agosto 2004.

LE   FOTO , GLI ATTIMI, DI HENRI CARTIER-BRESSON :













HENRI  CARTIER-BRESSON





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